Museo dell’Aeronautica a Torino, il progetto per portare biplani, motori e disegni in corso Marche

di Andrea Rinaldi

La presidente del distretto aerospaziale Quagliotti: «Faremo spazio anche a laboratori di didattica per ragazzi». In arrivo anche gli amatori che restaurano velivoli

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Un velivolo in restauro al laboratorio dell’associazione Gavs

«Perché? Ma perché è risaputo: a Torino e in Piemonte c’è un lunga tradizione aeronautica». Ad esempio il decollo del primo velivolo di costruzione interamente italiana — il triplano dell’ingegner Aristide Faccioli — avvenne a Mirafiori nel gennaio 1909, pochi anni dopo il ben più famoso decollo del biplano dei fratelli Wright. Oppure la nascita delle Officine Miller in via Legnano 8, primo laboratorio italiano «per le costruzioni aeronautiche più pesanti dell’aria».

E allora se la Cittadella dell’Aerospace deve guardare al futuro, ai voli orbitali, ai razzi e agli astronauti, non si dimentichi il patrimonio di conoscenze che in corso Marche (e non solo) hanno permesso di radicare aziende e competenze invidiate persino oltre confine. Fulvia Quagliotti, docente di Meccanica del volo al Politecnico e dal maggio 2020 presidente del distretto aerospaziale piemontese, sta lavorando alacremente per creare nel futuro asset tra Torino e Collegno il «Museo della scienza e tecnologia aeronautica del Piemonte».

Cosa si potrà vedere

Un moderno scrigno di sapere dove la storia dialogherà con la didattica: 10 mila metri quadrati, di cui seimila coperti, che andranno ad affiancarsi allo Space Center concepito da Altec (partecipata da Asi e Thales Alenia Space Italia) insieme allo studio Camerana & Partners. Se quest’ultimo avrà uno sguardo al domani e all’esplorazione dello spazio, il Museo sarà una finestra su inventori e invenzioni che dalla terra ai «piedi del monte» hanno spiccato il salto verso il cielo. L’istituto metterà insieme tutte le collezioni legate all’aviazione locale presenti sul territorio quindi i motori custoditi al dipartimento Energia del Politecnico e gli alianti e i cimeli della Collezione Gabrielli del dipartimento Aeromeccanica dell’ateneo di corso Duca. Poi i pezzi del Museo dell’Industria Aeronautica di Leonardo a Caselle, ovvero velivoli costruiti in legno e con le superfici alari ricoperte in tela, oltre a quelli in fibra di carbonio e titanio, fino agli aerei pilotati da remoto toccando il caccia Typhoon in uso alle forze armate europee e l’Ansaldo 491 con cui D’Annunzio sorvolò Vienna nel 1951 nel «Folle volo». «Ma faremo posto anche ai documenti d’archivio di Leonardo come i disegni di aerovelivoli e a laboratori in cui bambini e ragazzi potranno effettuare ad esempio esperimenti di aerodinamica. All’area storica vogliamo unirne pure una aperta al pubblico», racconta Quagliotti.

I «ristrutturatori»

«Abbiamo una lunga tradizione aeronautica, è poco pubblicizzata — ammette la presidente —. Lo sa che in corso Marche, sì proprio qui dove hanno sede Leonardo, Altec e Thales, nel 1916 nacque la Fabbrica Aeroplani Ingegner Pomilio? Aveva centinaia di addetti e costruiva 150 mezzi aerei al mese». Quagliotti in questi giorni è impegnata in fitte riunioni con i ministeri romani per reperire i fondi necessari alla costruzione del Museo. Una prima stima si aggira intorno a 20 milioni di euro. Meno definita è invece l’ubicazione del museo: sarà sicuramente dentro alla futura Cittadella, ma ancora non si sa bene dove collocarlo, se in un edificio già esistente o se costruirlo ex novo. Al suo interno poi c’è l’idea di trasferire l’associazione Gavs, Gruppo amici velivoli storici, una onlus di 30 persone ora accasata dentro a un capannone di mille metri quadri all’Alenia di corso Francia. «Ci dilettiamo a restaurare vecchi aeroplani, come il G55 oggi conservato al Museo della Aeronautica militare di Vigna di Valle, a Roma, o l’Ansaldo Balilla del Museo del Falegname di Bergamo oppure ancora lo Stinson L5 del Museo Volandia di Malpensa», spiega il vicepresidente dell’associazione, Giorgio Configliacco. «Adesso stiamo rimettendo in sesto un aereo Piaggio sempre per Volandia e abbiamo ristrutturato dei vecchi motori Fiat, Alfa e Isotta Fraschini degli anni 20 e 30. Sono pronti per il museo».

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29 gennaio 2022 (modifica il 30 gennaio 2022 | 14:58)