Torino, distretto aerospaziale tra laboratori e startup. «Ma servono infrastrutture come Campo Volo»

di Andrea Rinaldi

La prima call per aspiranti imprenditori spaziali sarà a metà febbraio. E il 15 marzo la prima attivazione dei progetti

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Il laboratorio di Links

Dalla Terra alla Luna e oltre. Ben più di un romanzesco Gun Club, il cluster dell’aerospazio piemontese per sua definizione guarda oltre il cielo, ragion per cui nel suo volo ha lasciato da tempo gli strettissimi confini «terrestri» teorizzati da Giacomo Becattini.

Prova provata è l’atterraggio in corso Marche, cuore del distretto, di Esa Bic Turin, il centro per incubare le startup stellari che Torino ha vinto all’interno della competizione dell’Agenzia Spaziale Europea. La prima call per aspiranti imprenditori spaziali sarà a metà febbraio, il 15 marzo la prima attivazione dei progetti. Se consideriamo che era nato nel 2013, e guardiamo questa sua ultima evoluzione, be’ il «Dap» di strada ne ha fatta.

«Oggi il Piemonte annovera 300 imprese, un indotto di 15 mila addetti, 20 mila se contiamo le aziende ibride, 4 miliardi di turnover — enumera Andrea Romiti, vicepresidente Amma con delega all’aerospazio —. Vogliamo rendere la Città dell’Aerospace un mondo in cui le imprese lavorano a fianco della ricerca così da velocizzare i propri prodotti». Di fatto è già così.

«L’incubatore I3P punta a usare strategie consolidate per far entrare sul mercato nuove imprese», conferma il suo presidente Giuseppe Scellato, che cita tra i casi di successo Aiko, l’intelligenza artificiale al servizio delle missioni spaziali, su cui ha investito 1,5 milioni Primo Space. Ma anche le telecomunicazioni satellitari di Leaf Space, 10 milioni raccolti in 6 anni. «Le scelte delle grandi aziende di localizzare parti di ricerca e sviluppo in determinate aree sono guidate da analisi su risorse umane e su certi mix di competenze. L’aerospazio non è solo engineering, ma anche software, tlc».

Ecco perché l’incubatore del Politecnico ha scelto di organizzare anche attività rivolte a studenti come Nasa Space Apps Challenge e l’hackathon Actinspace: «Nei distretti di Becattini le nuove imprese gemmavano dalla precedenti, oggi quelli come il Dap sono sintesi di abilità e saperi diversi tra loro». Un altro tassello al servizio delle imprese spaziali piemontesi è il nuovo laboratorio di prototipazione rapida nato all’interno di Fondazione Links che, con un team di 4 ingegneri, offre competenze di ricerca applicata e prototipazione di attività legate alle telecomunicazioni e all’elettronica. Ha già lavorato a progettazione e montaggio di schede elettroniche per il controllo di antenne per comunicazioni satellitari insieme alla Ids spa e ora sta costruendo il prototipo di un’antenna a grafene con applicazioni in ambito spaziale e automotive.

«Nei primi tre anni il Dap era un’associazione di imprese — riflette Stefano Serra, numero uno di Amma —, oggi le aziende fanno business se lavorano con Its, Links e adottano startup». A segnare l’evoluzione del cluster piemontese, secondo Marco Mezzalama, presidente di Fondazione Links, è stato l’arrivo dei privati. «Prima l’orbita stellare era appannaggio di enti governativi come Esa e Nasa, oggi si sono fatte largo imprese che studiano e mettono a punto applicazioni di valenza industriale».

E non c’è bisogno di scomodare Space X o Virgin Galactic, entrambe di proprietà di tycoon angloamericani. «I politici però devono creare le condizioni e le infrastrutture per far insediare le aziende — rimarca Mezzalama —. Il Campo Volo deve essere parte della Città della Aerospazio, altrimenti abbiamo solo scrivanie».

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30 gennaio 2022 (modifica il 31 gennaio 2022 | 10:03)